In occasione della Giornata Mondiale del Personale Sanitario, Achille Saletti, responsabile Comunicazione Anteo, fa una analisi della situazione attuale nelle strutture socio sanitarie alla luce della nuova normativa sulla gestione clinica del farmaco.
Mancano infermieri
Per una volta che siamo in presenza di una normativa calata nella realtà, stupisce che vi possano essere dubbi sulla direzione da prendere in tema di funzioni e compiti del personale che gravita all’interno di una struttura socio sanitaria. Mi riferisco all’ ultima DGR della Regione Piemonte nr. 22-4557/2022 in cui si affronta il tema della gestione clinica del farmaco nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie. Complice la pandemia, il sistema dei servizi assistenziali ha evidenziato tutta la sua fragilità determinata dalla carenza di profili sanitari. Ci siamo trovati straordinariamente carenti di professionisti della salute, a partire dagli infermieri, proprio in un periodo epocale in cui ne avevamo il massimo bisogno. La pandemia non ha fatto altro che mettere a nudo tale fragilità.
Una fragilità che, per una volta, non si pensi sia solo italiana: in tutto il mondo occidentale le professioni sanitarie, rispetto ad aspettative di vita che si sono innalzate e ai progressi della scienza, sono in affanno. Negli scorsi anni abbiamo cercato di porre rimedio iniziando ad importare operatori da paesi lontani. Nell’emergenza, i tentativi di individuare professionisti che potessero fare fronte alla pandemia non sono stati sufficienti a causa dei tempi burocratici troppo lunghi e a causa delle barriere linguistiche a frapporre ostacoli per l’immediato impiego in un lavoro che, per importanza e delicatezza del ruolo svolto, presuppone una buona conoscenza della lingua del paese in cui opera.
Se ci si pone in tale ottica, che è storia recente, non dovrebbe riuscire troppo difficile comprendere che la DGR sopra menzionata tenta di dare ulteriori risposte al problema, nel pieno rispetto delle competenze, delle professionalità e dei riconoscimenti ad esse correlati, al fine di mettere nelle condizioni di ben operare l’insieme di organizzazioni che si occupano di salute.
Una normativa che aiuta
Se il problema investe la carenza della figura dell’infermiere è chiaro che si deve intervenire sulla figura dell’Operatore Socio Sanitario non ampliando le competenze che non ha, ma riconoscendo quelle che ha fino in fondo. Tra le competenze vi è sicuramente la capacità di aiutare “per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso”. Così recita un passaggio della lunga delibera regionale. Il termine utilizzato ha, da un punto di vista concettuale, un’ importanza fondamentale: “aiutare“, “supportare“, non sono minimamente assimilabili al termine che descrive, al contrario, la competenza dell’infermiere, ovvero “somministrare”. La somministrazione rappresenta un processo intellettuale in cui la discrezionalità di chi la decide e la attua ne qualifica la competenza. Da questo punto di vista non deve stupire se il laureato in scienze infermieristiche deputato a “somministrare” rappresenta una figura di alto profilo che, alla pari del medico, può avvalersi di personale di supporto.
L’Operatore Socio Sanitario è figura preziosa
Il campo di applicazione che la normativa regionale cerca di delineare, mettendolo nero su bianco, individua nel supporto degli OSS (Operatori Socio Sanitari) quell’azione di concreto aiuto nella gestione della terapia farmacologica in ambiti organizzativi complessi quale, nl nostro caso, le RSA. Un mero supporto che non sostituisce la funzione infermieristica la quale, ricordiamolo, mantiene inalterata la responsabilità dell’intero processo di assistenza.
L’OSS quale esecutore attento di decisioni prese da altri, non ci pare metta in discussione il potere decisionale dell’Infermiere inficiandone la professionalità. Al contrario, ottimizza e rende maggiormente agibile l’assistenza e le relative condizioni di lavoro che in una crescente complessità sanitaria rischierebbero di venire meno.