PICCOLA NOTA DI METODO

Anteo è l’insieme delle persone che ogni giorno lavorano per far funzionare al meglio i servizi rivolti a persone che vivono varie forme di fragilità. In questo spazio, incontriamo storie, esperienze di lavoro e quindi di vita, che alcuni Colleghi generosamente mettono in comune con tutti noi. Questi testi nascono da interviste condotte secondo una postura narrativa: in primo piano, il sentire dell’intervistato, scelte ed emozioni, episodi significativi, riflessioni dall’interno di un ruolo che è sempre ben più di un abito che avvolge un corpo. Non troverete un’alternanza fra domande e risposte: le domande sono semplici stimoli che si sciolgono nel racconto dell’intervistato, nella compiutezza che esso restituisce. Siamo dunque a leggere le tracce permanenti che ha lasciato ogni incontro di intervista, ogni intreccio di sguardi accaduto in uno spazio e in un tempo definiti.

#intervistandoanteo n° 4 “Il servizio di Animazione: un lavoro corale a favore della qualità della vita dell’anziano”

Il Castello di Valperga è un luogo magico. È difficile immaginare una dimora più elegante e allo stesso tempo accogliente e accessibile in cui trascorrere la propria stagione più matura. Le sue sale, i giardini, il panorama sulla collina torinese, la pietra, i mattoni e il legno che tanto hanno da raccontare: tutto concorre al benessere degli Ospiti, immersi tutti i giorni in una bellezza davvero terapeutica.

E poi, c’è anche Brunella, che del proprio del benessere fa l’obiettivo quotidiano del suo lavoro, con tutti i 90 Ospiti di cui si prende cura. Brunella è l’Animatrice della Casa di Riposo Castello di Valperga e la incontriamo in una splendida giornata di sole di inizio autunno.

Dalle persone disabili alle persone anziane

Mi sono laureata in Pedagogia e poi ho iniziato a lavorare come insegnante: anche negli anni seguenti, ho conservato un’impronta educativa in ogni contesto in cui sono stata attiva professionalmente. Per esempio, lavorando con ragazzi disabili nell’ambiente scolastico. Il contatto con la disabilità è stato quasi un innamoramento: ero diventata mamma e forse questa esperienza aveva stimolato una parte di me che prima non era così in luce. Mi sono immersa in quel mondo e ho iniziato ad amare la vicinanza a chi vive disagi e svantaggi, in senso lato. Ho cominciato a seguire corsi e leggere tantissimi testi e articoli sul tema per apprendere sempre più tecniche e spunti per comunicare con i disabili, per fare cose insieme a loro.

Un giorno, la cooperativa in cui lavoravo prima di arrivare in Anteo ci ha segnalato un’esigenza presso una casa di riposo che gestiva. Il mio collega, educatore con utenti disabili come me, si è mostrato restio. Io, invece, che amo gli stimoli e le nuove sfide, ho accettato. Ho voluto mettermi alla prova in un mondo diverso, pur amando quello dal quale provenivo. Con fiducia.

E così, soprattutto qui, al Castello di Valperga, con tanti Ospiti diversi, ho verificato che potevo applicare molte delle mie conoscenze al servizio degli anziani, in particolare a favore di coloro che hanno difficoltà a comunicare, problemi di motricità fine e soprattutto in funzione della riabilitazione cognitiva. Fin dai primi giorni, ho verificato che molti “giochi”, che in realtà sono vere e proprie attività, funzionano: lavoriamo con numeri, sequenze, forme, colori, schede didattiche sul pregrafismo… Sono tutti strumenti utili e anche graditi: gli Ospiti mi chiamano “maestra” oppure “capo”, scherzando sul fatto che organizzo tutto e ogni giorno propongo loro un sacco di cose!

La parte che mi appassiona di più è proprio la stimolazione cognitiva. Raggruppo 5 o 6 Ospiti con abilità residue simili e propongo loro attività apparentemente basilari come impugnare una penna e scrivere il proprio nome, quel nome così prezioso con cui identificarsi, vari esercizi di pregrafismo, attività come infilare palline colorate in una corda, come una collana gigante, le sequenze dei colori, gli incastri fra oggetti e poi i puzzle, la dama con i tappi di sughero per impugnare meglio, i giochi con le carte, il riuso creativo di varie scatole e scatolette… Gli Ospiti spesso sorridono, “torniamo di nuovo a scuola!”, dicono. Si impegnano molto. E io valorizzo il significato di ogni piccola conquista. “Dai, proviamo!”, diciamo. Poi partono “le chiacchiere”: basta un appiglio e ciascuno si racconta, emergono episodi della loro giovinezza, ricordi di solito positivi e divertenti, che fa piacere condividere. Ci prendono gusto un po’ tutti, ognuno con propri modi e tempi: una signora che non parla, per esempio, mi comunica con i gesti, battendo le mani sul tavolo, la sua impazienza, il suo “non vedere l’ora” di partecipare alle attività.

Sul piano del decadimento cognitivo c’è un rallentamento, si percepisce. E questa è una grande conquista, dà loro sollievo, perché piccoli e grandi successi li gratificano!

Lezioni di vita

Dopo 7-8 anni di lavoro con gli anziani non mi sono stancata, anzi. Stare con loro è stimolante perché ti insegnano tante cose. All’inizio il mio problema era il rapporto con la morte: pensare che persone con cui sei a contatto a lungo, condividi storie ed emozioni, con il tempo possano venire a mancare, mi spaventava molto. La mia responsabile mi ha invitata a cercare una mia modalità, con il suo supporto, per affrontare questo tema perché, mi ha avvertita, con loro ne avrei parlato parecchio. Così è stato e così è. E loro mi hanno aiutata molto: mi hanno fatto riflettere su qualcosa che teniamo il più lontano possibile da noi ma ci riguarda tutti. Alcuni mi parlano della loro stanchezza: ultranovantenni, per esempio, si chiedono perché devono ancora “rimanere sulla Terra” dopo il tempo già trascorso. Insieme, allora, ci interroghiamo su questo “perché?”: io li invito a pensare che sono ancora delle risorse, per le esperienze che trasmettono attraverso i loro racconti, per esempio. Sono utili a qualcuno e soprattutto non sono soli: in casa di riposo nascono conoscenze e amicizie, ci si fa buona compagnia e si vive del tempo denso di significato. Questi pensieri fanno bene anche a me. E hanno cambiato la mia percezione del commiato: all’inizio mi ero ripromessa di non andare a vederli dopo morti, poi invece ho capito che mi fa piacere portare loro un ultimo pensiero. Mi fa stare bene. Dopo il tempo trascorso insieme, è un momento e un modo per salutarli.

L’importanza dell’organizzazione

Lavoro 4 ore al giorno e pianifico le attività ragionando per piani e per gruppi. Nell’arco della settimana, li raggiungo tutti e loro mi aspettano: abbiamo i nostri appuntamenti! Gli Ospiti sono molti e ciascuno ha la propria storia, i propri bisogni e i propri desideri; molti sono autosufficienti e, fino a quando è stato praticabile, prima dell’emergenza Covid, i più attivi mi seguivano anche da un piano all’altro, per partecipare il più possibile. Preparo in anticipo tutto, il programma, i materiali, perché non mi piace farli aspettare, perdere tempo: tutti devono avere l’opportunità di essere attivi e divertirsi, se se la sentono. Ridiamo molto. Poi ci sono anche i momenti di malinconia, è normale, e allora io sto loro accanto.

Ho due armadi pieni di materiale: recupero, costruisco, metto da parte… Le attività devono essere ricche e semplici allo stesso tempo. Favorire la partecipazione di tutti. Quando organizzo le feste, per esempio per i compleanni (fondamentali!), preparo i volantini e lo ricordo a tutti più volte, così chi ha piacere di esserci non mancherà. L’organizzazione è importante: ci vogliono precisione, costanza, attenzione ai dettagli. Tutto dev’essere “giusto” per gli Ospiti: piacevole, divertente, rilassante, emozionante, nella corretta misura. Sono abituata a dare tanto, il massimo: avvio le attività dei vari gruppi in sequenza, poi passo a vedere come procedono… È raro che improvvisi. Lo faccio solo per gestire gli imprevisti.

Un lavoro di squadra, fra “dentro” e “fuori”

Prima dell’emergenza Covid, tanti soggetti, associazioni e gruppi venivano regolarmente in struttura. La musica è un elemento particolarmente presente perché abbiamo riscontrato un enorme gradimento fra gli anziani: un fisarmonicista veniva una volta al mese ed era molto bello perché si spostava di piano in piano, tutti lo sentivano arrivare, e gli Ospiti più autonomi lo seguivano e alla fine ci trovavamo tutti nel salone per fare festa; era molto coinvolgente anche l’attività di canto, con un maestro che veniva a suonare il pianoforte che è stato donato alla Casa di Riposo.

Poi abbiamo sperimentato le attività con i clown e la pet therapy con i volontari della Croce Rossa, che portavano qui i cani per gli anziani che desideravano relazionarsi con animali molto docili e sensibili. In futuro, vorremmo proporre anche la onoterapia. E un nostro obiettivo costante è sfruttare al massimo gli spazi esterni della struttura, così ampi e ben curati, per merende, appuntamenti musicali con la banda del paese e incontri con vari gruppi di volontari.

L’emergenza sanitaria ha interrotto molti percorsi, ma sono fiduciosa: sto mantenendo i rapporti con tutte le persone che ci hanno conosciuti e tutte desiderano tornare da noi. Non appena possibile, in piena sicurezza, riapriremo le nostre porte e ricominceremo con ancora più slancio e con nuove idee.

La qualità del servizio di Animazione di cui mi occupo è legata alla mia “non solitudine” nello svolgerlo. Anche all’interno della struttura, coinvolgo i Fisioterapisti e gli OSS in ciò che faccio, soprattutto perché insieme possiamo cogliere meglio i bisogni degli Ospiti che li possono esprimere meno esplicitamente. Capita che mi vengano segnalati dai colleghi anziani che hanno particolare bisogno di svago, magari in una “giornata no” e per me sono elementi importantissimi: a volte, fare squadra vale più di 1000 PAI!

Coinvolgo le colleghe anche per trovare giochi e idee: una OSS, in particolare, mi manda dei video tutorial su attività interessanti alle quale posso ispirarmi e che posso adattare a questo contesto e ai gruppi di Ospiti. Mi piace confrontarmi.

Animare educando, educare animando

Io mi sento Educatrice, anche se qui ufficialmente sono Animatrice. Ma si tratta di parole, ciascuna con la propria utile verità. In effetti, “mi occupo delle anime”: così lo spiego anche agli Ospiti quando entrano in struttura, e qualcuno lo intuisce subito proprio dal nome che designa il mio ruolo. E c’è anche la componente educativa, orientata alla costruzione in funzione del futuro: perché una residenza per anziani non è un ambiente statico, è un mondo vitale, che consente un buon passaggio dell’ultima stagione della vita. Vorrei raccogliere le storie dei nostri anziani e costruire un giornalino. Ascolto: la parte educativa è fare un percorso con loro partendo da loro, da chi sono, che cos’hanno fatto, che cos’è importante per loro dire di sé.

Mi colpiscono gli Ospiti che hanno ancora una grande vivacità mentale. Ci sono insegnanti, qui, di 80 anni e più: quando scoprono che ho insegnato anch’io, parliamo del rapporto con i loro alunni, del mondo della scuola, di come è cambiato nel tempo, di quanto la burocrazia rischi di schiacciare la dimensione relazionale, così vitale.

La bellezza quotidiana (anche nell’emergenza)

Ho un papà anziano e tanti Ospiti li associo a lui. La mia vita da bambina si svolgeva in campagna, fra conigli e galline, e le persone attorno a me parlavano in Piemontese. Queste esperienze mi aiutano molto: mi avvicinano agli anziani che vivono qui, creano una relazione istantanea, abbattono le distanze. Chi è qua spesso soffre per la solitudine: è importante che, anche attraverso il mio lavoro, non si chiudano in se stessi, restino in contatto con la realtà. Io svolgo una funzione di mediazione fra la casa di riposo e la comunità fuori: anche un’attività semplice come leggere il giornale può farli sentire partecipi della società.

Alcuni tendono a chiudersi. Una signora, per esempio, passava, senza parlare, senza interagire, ma lentamente l’ho conquistata: “a me piace cucire”, mi ha detto un giorno… E così, partendo da lì, piano piano, sono riuscita a coinvolgerla…

Con l’emergenza Covid, alcune persone che erano “satelliti”, come li chiamavo io, cioè che dormivano parecchio, non entravano nei gruppi e poi si trovavano solo in salone con tutti, hanno capito il mio ruolo, hanno capito che sono qui per loro, perché le attività erano più circoscritte ai piani e non potevano “non vederle”. Così si sono accorti di più di me… e anch’io ho potuto conoscerli meglio, avere modo di ascoltarli e parlare con loro di più! Alcuni sembravano accontentarsi di un “ciao ciao”, e invece, se stimolati “da vicino”, avevano altri desideri e altri bisogni da esprimere.

Questo lavoro richiede e genera una crescita continua. E poi c’è la gratitudine degli Ospiti, che hanno tante energie, a volte anche insospettabili, che devono solo essere riconosciute e valorizzate. Io ci credo. Sempre. Un’Ospite in carrozzina, per esempio, che muove solo le mani, sembrava non essere in grado di partecipare ad attività creative. E invece un giorno ho mostrato dei suoi disegni ai colleghi e ho detto fiera: “ecco, lei riesce a colorare così! Vieni a vedere!”. Io conservo tutto: è tutto documentato, perché sono cose importanti!