PICCOLA NOTA DI METODO

Generare un significativo e percepibile impatto sulla qualità della vita sia delle persone destinatarie degli interventi che pone in atto sia delle comunità alle quali esse appartengono, sul breve, medio e lungo termine: questo è l’obiettivo di Anteo. L’identificazione di questo scopo come prioritario orienta l’intenzionalità di tutte le nostre progettualità e iniziative in maniera attiva, consapevole, sistematica, continuativa e coerente.

La sfida che Anteo affronta consiste pertanto nel porsi come agente di cambiamento in grado di avviare, strutturare e consolidare processi di miglioramento sociale misurabili nei loro esiti e sostenibili nel corso del tempo, anche attraverso la riattivazione delle proprie risorse autonome da parte dei soggetti coinvolti. Questo è il senso che Anteo dà alla missione di Cura delle persone e delle relazioni che ha assunto come propria fin dalla sua fondazione.

Attuare azioni di ascolto competente dei bisogni, progettare interventi finalizzati a obiettivi sostenibili e realmente motivanti, mobilitare risorse, agire per sensibilizzare: queste sono le direttrici attraverso le quali le energie di Anteo si sono espresse per trasformare i percorsi esistenziali degli utenti, la qualità delle loro relazioni e le dinamiche delle loro comunità di riferimento.

I testi #STORIEDIMPATTO nascono da interviste ad attori testimoni privilegiati di questi processi, condotte secondo una postura narrativa: in primo piano, il sentire dell’intervistato, scelte ed emozioni, episodi significativi, riflessioni. Non troverai un’alternanza fra domande e risposte: le domande sono semplici stimoli che si sciolgono nel racconto dell’intervistato, nella compiutezza che esso restituisce. Siamo dunque a leggere le tracce che l’azione di Anteo, vale a dire dell’organizzazione Anteo e delle sue persone, genera giorno dopo giorno.

#storiedimpatto n. 3: “Cambiare vita”, acquisire nuove competenze, ricollocarsi in nuovi mondi, scoprire che l’apprendimento è sempre possibile e stimolante: perché ricominciare si può. La testimonianza di Paolo, uno dei partecipanti a un percorso di formazione e inserimento lavorativo che abbiamo attivato nel settore della mobilità sostenibile, a Milano.

Di venerdì, fra attesa e avventura

5 ore: questo il tempo che, dalla Comunità Terapeutico-Riabilitativa di Belgioioso (PV), io e i miei compagni di avventura impiegavamo, ogni venerdì, per raggiungere la sede di Milano in cui si teneva il corso di formazione del progetto “Ciclofficina” [il percorso è parte integrante del progetto “RI-ESCO Apprendo e faccio per diventare me stesso“ elaborato da Anteo e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Antidroga; n.d.r.].

Per me è stata un’opportunità inaspettata. Quando si parla di progetti di questo tipo, molti sono motivati dall’idea di uscire per un po’ dalla Comunità e dalla possibilità di guadagnare qualcosa, a prescindere da quello che in concreto viene proposto. Io invece desideravo fare questa esperienza per acquisire competenze professionali diverse da quelle che possiedo già e che mi hanno portato a lavorare come tecnico audiovideo in convegni, concerti, eventi. Quello era il mio ambiente: 14 ore al giorno, 7 giorni su 7, un mercato frenetico, in cui “il Pol” (così mi chiamano) era molto richiesto. Con la pandemia, tutto si è sgretolato. Paralizzato. E io sono crollato. Pe quanto ricordi le gratificazioni di allora, all’uscita dalla Comunità non intendo tornare alla mia vita precedente: è un contesto delicato e so che rischierei di non viverlo bene. Ecco perché propormi per partecipare al corso di formazione è stato per me una scelta logica, razionale, funzionale a ciò che desidero (ho studiato matematica, sono abituato a mettere in fila i pensieri…). Ho 54 anni, pensavo di essere fuori target per il progetto, ma ho voglia di fare, di imparare, e questo è stato colto e valorizzato.

L’“avventura del venerdì” è durata circa 5 mesi. Eravamo in dieci: cinque dalla Comunità Anteo di Belgioioso e cinque da quella di Milano. Con la guida dei formatori, abbiamo scoperto le parti che compongono una bicicletta e, partendo da zero, abbiamo imparato ad assemblarne una ex novo e a capire come effettuare le riparazioni più frequenti. Mi sono divertito e ho esplorato un mondo nuovo: le uniche bici con cui avevo avuto a che fare prima erano quelle dei miei figli, parecchi anni fa!

L’approccio è stato pratico, fin da subito. Di teorico, il minimo indispensabile. Il block notes che mi ero procurato, insomma, è rimasto quasi intonso! Il primo incontro? Renato [Responsabile Area Anziani Anteo, in questo caso impegnato in veste di formatore esperto e appassionato di biciclette; n.d.r.], ci ha detto: “questa è una bicicletta: dobbiamo smontare i cerchioni”. Ci ha mostrato come fare e ci ha invitato a provare.

Ciascuno di noi ha messo all’opera le proprie abilità manuali e di intuizione. E si è confrontato con le proprie paure. Le mie, per esempio, erano quella di essere l’ultimo, di restare indietro; quella di dover chiedere aiuto più volte. Invece è diventato naturale aiutarsi, chiedersi informazioni a vicenda, perché eravamo un gruppo vero, in ci si respirava armonia, voglia di stare bene, di impegnarsi sul serio. Si è subito rotto il ghiaccio, credo proprio perché ci siamo trovati subito a fare, ad agire.

Abbiamo lavorato soprattutto con bici vecchie, con copertoni molto duri, scelti appositamente per mostrarci situazioni difficili. Temevo il giudizio, anche per il mio carattere: sono pignolo, competitivo, anche abbastanza critico (ma con le tasche piene di argomenti!). Non ero pronto… ma me la sono cavata!

Ricordo quando ci hanno assegnato come “compito a casa” il rimontaggio dei raggi del cerchione: non avevamo osservato con la necessaria attenzione il processo di smontaggio e quindi avevamo le idee un po’ confuse. In una notte troppo calda per il sonno, sigaretta in mano e block notes sotto il naso, ho disegnato il progetto per svolgere il compito. Purtroppo, la mia visione si è rivelato imprecisa… e visto che i miei compagni di corso avevano copiato da me, per “effetto domino” è uscito un disastro! Quante risate!

Renato ci dava anche dei testi da studiare. Erano 30 anni che non toccavo un libro che non fosse di narrativa, quindi anche questo aspetto mi procurava un po’ di disagio, all’inizio; poi, però, si è trasformato in uno stimolo per impegnarmi di più.

Si è creato un clima davvero positivo, in cui la giusta leggerezza della condivisione in gruppo si sposava con il giusto senso di responsabilità rispetto a quello che stavamo facendo. Insomma, lavoro, sperimentazione si sé e anche qualche caffè e qualche sigaretta. Con moderazione. Con consapevolezza. Non scordandoci mai i nostri obiettivi.

Oltre la formazione: il percorso “sul campo”

La selezione per il tirocinio è avvenuta sulla base di diversi criteri. Per non sentirmi sotto pressione, ho pensato al fatto che, oltre alle capacità mostrate durante la formazione, si sarebbero valutate anche le esigenze dettate dagli obiettivi progettuali di ciascuno. E anche il livello di svantaggio che ciascuno di noi ha sul mercato del lavoro. Erano ragionamenti in qualche modo “protettivi”, un modo per dirmi: se non mi scelgono, forse è perché in fondo sanno che ho altre chance, per esempio legate al mio lavoro precedente, e danno la priorità a chi è in situazioni più fragili. Comunque, alla fine, mi hanno selezionato!

Ora sono in Comunità a Milano. A dicembre 2022 ho iniziato il tirocinio in un contesto prestigioso, quindi per un verso “fortunato” ma anche sfidante: se lavori da Rossignoli, devi rispettare certi standard di qualità e ti rapporti con una clientela esigente. Insomma, è molto impegnativo, ti senti “esposto”. E impari per forza. Questo mi stimola molto a fare del mio meglio, con il mio maglioncino nero con il logo Rossignoli sul petto.

Il tirocinio durerà 6 mesi e prevede un compenso di 600 euro al mese, a fronte di un impegno di 5 ore al giorno, di pomeriggio. Al mattino, sono dispensiere in Comunità; dopo pranzo, vado a lavorare. Così, ho tutta la giornata impegnata.

La prima settimana sono stato in negozio. C’è uno spazio dedicato alla riparazione delle biciclette dove si assemblano bici nuove e si lavora alle bici “vip”: dev’essere sempre tutto in ordine, è importante, così la sera ho preso l’iniziativa di riporre tutti gli attrezzi e pulire tutte le superfici. Non riesco a stare fermo, il tempo scorre troppo lentamente, e dopo ore trascorse soprattutto a osservare (i gesti, le procedure, ma anche le relazioni con i clienti) ho bisogno di muovermi!

Dopo pochi giorni, sono andato in officina. Lavoro con il Responsabile, che è anche il mio tutor di tirocinio; ha circa 35 anni e fa fronte a un carico di lavoro imponente: dopo pranzo di solito si trova almeno otto bici da sistemare e con la primavera mi ha preannunciato che il ritmo aumenterà sensibilmente, perché con il bel tempo i freni, le catene e le camere d’aria di cui prendersi cura si moltiplicheranno. Così, faccio pratica e imparo i “trucchi” del mestiere per essere più efficace e più veloce. Batterò anche Renato, mi dico spesso, immaginando di organizzare qualche giocosa sfida fra noi. Perché devo vincere, non solo partecipare!

La gestione dell’attività è prevalentemente familiare. Si sta bene, ci si impegna ma ci si diverte anche; c’è stato anche spazio per alcuni momenti di festa (ai quali io ho partecipato a bicchieri di Coca-Cola Zero, naturalmente!).

Sono sempre felice. So che ogni giorno, dal lunedì al venerdì, terminate le mie incombenze in Comunità, pranzo, mi lavo i denti, indosso il giubbotto e vado a lavorare. Vivo una routine stabile, con un ritmo per me pienamente sostenibile.

Verso un futuro diverso

Il progetto non finisce qui: Anteo ha prospettato sviluppi molto interessanti e concreti. Qualcosa più di un sogno, insomma, legato anche all’attenzione crescente che la città d Milano mostra verso interventi per la mobilità sostenibile. Così, un magazzino con due camion di materiale da pulire e mettere in ordine potrebbe diventare presto l’ambiente in cui impegnarmi, investire le mie energie, tracciare un nuovo percorso. E “ricondizionarmi”. Come si dice di quelle merci che in sé sono integre e per le quali c’è bisogno di lavorare sull’imballaggio, che è rimasto danneggiato. Vorrei un futuro diverso, insomma. E le due ruote, insieme ad Anteo, potrebbero portarmi proprio lì.

 

di Roberta Invernizzi