PICCOLA NOTA DI METODO

Anteo è l’insieme delle persone che ogni giorno lavorano per far funzionare al meglio i servizi rivolti a persone che vivono varie forme di fragilità. In questo spazio, incontriamo storie, esperienze di lavoro e quindi di vita, che alcuni Colleghi generosamente mettono in comune con tutti noi. Questi testi nascono da interviste condotte secondo una postura narrativa: in primo piano, il sentire dell’intervistato, scelte ed emozioni, episodi significativi, riflessioni dall’interno di un ruolo che è sempre ben più di un abito che avvolge un corpo. Non troverete un’alternanza fra domande e risposte: le domande sono semplici stimoli che si sciolgono nel racconto dell’intervistato, nella compiutezza che esso restituisce. Siamo dunque a leggere le tracce permanenti che ha lasciato ogni incontro di intervista, ogni intreccio di sguardi accaduto in uno spazio e in un tempo definiti.

#intervistandoanteo n°15 “Rita Contaldo, 20 anni come Educatrice in Psichiatria: un percorso di apprendimento e di impegno insieme al territorio

“Giunta alla pensione, la mia gratitudine va agli Utenti così come ai colleghi e ai responsabili”

Un percorso fra sorprendenti esperienze di vicinanza

Sono in pensione da poche settimane e ancora devo realizzare questo cambiamento; mi fa piacere ripercorrere i miei anni di servizio perché hanno tracciato un cammino di apprendimento per me davvero importante.

Quando mi sono accostata al mondo dei servizi per la salute mentale avevo un esercizio commerciale: amavo il contatto con le persone e da sempre ero attratta dalle attività nel sociale. Attraverso amicizie comuni, ho avuto modo di conoscere Luca Tempia [Presidente di Anteo; n.d.r.], che credo abbia voluto cogliere e valorizzare la mia motivazione e il mio desiderio di imparare.

Ho iniziato a lavorare a “Villa Margherita”, un servizio residenziale per persone con patologie psichiatriche severe che si trova a Mongrando, in provincia di Biella. E che, piano piano, è diventata per me una specie di “seconda casa”.

Di quel periodo, ricordo soprattutto la curiosità, lo stupore, l’entusiasmo. Il primo giorno di lavoro ero particolarmente emozionata: sapevo di non possedere ancora competenze specifiche, ma sapevo anche di trovarmi all’interno di un gruppo di lavoro che comunicava e collaborava molto. Mi sono subito confrontata con le prime attività di gestione del Servizio, come preparare il pranzo e piegare le lenzuola, pratiche che hanno a che vedere con le autonomie, la cura di sé e degli ambienti di vita: gli Ospiti hanno percepito il mio disorientamento e mi hanno accolta, quasi protetta, e aiutata tantissimo.

Questo atteggiamento mi ha incoraggiata. Così, ho deciso di intraprendere gli studi universitari per diventare Educatrice Professionale: sono stati tre anni molto impegnativi, di giorno frequentavo le lezioni e di notte lavoravo in turno presso la Struttura; intanto, avevo anche la mia famiglia da seguire… Sono orgogliosa di quel percorso e sono certa che le mie energie sono state alimentate proprio dagli Utenti: grazie a loro, a quello che vedevo e sentivo ogni giorno, ci credevo, credevo (e credo!) che si può curare, si può aver cura di persone che vivono un disagio o una patologia psichiatrica, in modo tale che abbiano delle possibilità in più.

Viaggiare dentro di sé e dentro l’altro

Allora gli Utenti dei nostri servizi erano anche persone che provenivano dall’esperienza dei cosiddetti “manicomi”. Io li osservavo, all’inizio, e mi chiedevo: sarò capace di stare con loro? Non ho mai avuto paura di loro, coglievo solo delle caratteristiche che li distinguevano, a volte in modo evidente, dalla maggior parte delle altre persone e mi interrogavo sulla mia adeguatezza. Avevo altre paure, piuttosto, come quella del buio, mentre ero in turno la notte, o quella di guidare il furgone del servizio, per me molto ingombrante; e ricordo che un Ospite mi diceva sempre: “Stai tranquilla: ci sono qua io”. Forse era un modo per sentirsi importante, utile. Un bisogno di tutti, in fondo. E in effetti lui lo era, per me, in quel momento.

Mi sono messa in gioco totalmente, in quegli anni, e questo mi ha consentito di imparare un sacco di cose, anche con l’aiuto delle colleghe. Ho vinto tante insicurezze e ho capito quanto le persone con disagio psichico percepiscano se il loro interlocutore li rispetta e ricambino con la medesima delicatezza.

Il mio lavoro, in fondo, è stato un viaggio dentro la mia anima e quella delle persone di cui ci prendiamo cura!

Alla scoperta del territorio e delle sue risorse

Per un periodo ho lasciato Villa Margherita per lavorare all’attuale Centro Socio Culturale “Faccenda”, allora Centro Diurno, sempre a Mongrando, in frazione San Lorenzo. In quel contesto, gli Utenti erano molto più numerosi e le tipologie di attività e iniziative erano diverse; in particolare, era necessario intrecciare alleanze sul territorio, conoscere enti pubblici, gruppi, associazioni, varie risorse che agevolavano il percorso di inserimento sociale delle persone che seguivamo. In quella fase ho iniziato la mia attività nell’associazione “Diritti e Doveri”, voluta dal Dott. Lomonaco per stimolare gli Utenti a trovarsi, confrontarsi, dare voce e forma alle loro idee oltre che ai loro bisogni [il Dott. Emanuele Lomonaco ha diretto il Servizio di Salute Mentale di Biella; ha tentato di diffondere operativamente una concezione della psichiatria orientata alla riabilitazione e al territorio, attraverso la sensibilizzazione della cittadinanza, la condivisione, la partecipazione di vari attori della comunità locale; n.d.r.]. Ho condiviso questa esperienza con le colleghe Erica Fre, Educatrice, e Daniela Destro, Psicologa. La vita dell’associazione ha fatto sì che gli Utenti fossero i veri protagonisti di tante iniziative e che io, come socia operatrice, fornissi un supporto soprattutto organizzativo. Sia Anteo sia “Diritti e Doveri” hanno fatto parte fin dalle origini del Tavolo Provinciale per la Salute Mentale, guidato da Flavio Como, e si sono confermati nel tempo fra i principali attori di questo gruppo di lavoro e coordinamento.

Come associazione, nell’ambito delle attività del Tavolo, abbiamo collaborato alla realizzazione di convegni, seminari, anche gite. Ricordo, per esempio, il progetto “Libera i passi”, nato da un’idea di una nostra Utente: di fatto, una sorta di sfilata dei nostri Utenti per le strade della città con palloncini che mostravano messaggi per focalizzare l’attenzione sui valori dell’eguaglianza e dell’integrazione. Un modo per uscire allo scoperto, per combattere lo stigma sociale. Tra i convegni, “Continua a volare”, nel 2012, ha riscosso particolare successo e tra le iniziative culturali ricorso “I colori dell’anima”, una mostra di pittura.

Non il solito giornalino

Agli Utenti interessava rendersi utili, attivarsi in qualche modo al servizio della cittadinanza Biellese, non solo raccontare dei nostri laboratori e delle loro esperienze al Centro Diurno. Il giornalino che abbiamo creato, quindi, voleva essere diverso, meno autoreferenziale di quanto accada nella maggior parte dei casi.

Così, in prossimità delle elezioni amministrative locali, abbiamo strutturato una serie di interviste ai candidati, in collaborazione con i professionisti della redazione del bisettimanale “Il Biellese”. Ricordo quegli incontri: eravamo in nove; uno di noi aveva una vera passione per i giornali, ricordava tutte le notizie pubblicate e giocava con i giornalisti, in una specie di “gara”, creando subito un clima allegro e complice di cui ha beneficiato tutto il gruppo. Con noi c’era anche una ragazza che frequentava il liceo e svolgeva da noi il suo tirocinio; all’inizio era un po’ insicura, poi, scoperto il mondo della salute mentale, ha lavorato sulle sue paure insieme a noi e ha scelto di diventare psicologa.

I nostri Utenti sono risultati perfettamente adeguati al contesto: il dialogo con i candidati non cadeva mai e hanno affrontato i temi che stavano a cuore a loro come a tutti i Biellesi. Un intervistato è rimasto particolarmente colpito e ci ha citati in una sua dichiarazione pubblica: il nostro gruppo non l’aveva incontrato solo per fare richieste (come forse ci si poteva aspettare), ma anche per fornire informazioni concrete ai lettori/elettori. Gli Utenti sono stati molto orgogliosi di questo riconoscimento!

Servizi sempre più in osmosi con la comunità locale

Nel 2013 sono tornata a lavorare a “Villa Margherita” e lì ho concluso la mia parabola professionale. Ho portato con me la ricchezza che ho tratto dalla collaborazione con il territorio e tutto è stato più facile, in una visione sempre più aperta del nostro impegno per affiancare gli Ospiti nel loro percorso riabilitativo: la quotidianità in una struttura residenziale rischia di “chiuderti”, di essere eccessivamente protettiva e quindi di generare, paradossalmente, una forma di esclusione sociale. Il nostro modo di operare, invece, va proprio nella direzione opposta e lo fa grazie a reti di contatti vere, con persone e gruppi coinvolti realmente.

Con il Comune e la parrocchia, per esempio, abbiamo organizzato feste e concorsi di torte per raccogliere fondi a favore di questi enti, per i cittadini, non per la struttura.

I risultati sono spesso sorprendenti: ricordo una donna che subiva frequenti ricoveri e viveva grandi difficoltà; per lei sembrava impossibile costruire una serenità, una forma di linearità; e invece oggi vive in un alloggio, ha conquistato autonomie che le consentono di stare molto meglio.

Ricordo un’altra Ospite: era pressoché invisibile, durante le attività restava ferma, silenziosa, composta. Attraverso una serie di contatti con il Comune, abbiamo trovato spazi e modi per consentirle di esprimere la sua passione per la lettura: si recava presso un asilo e leggeva storie ad alta voce, portando a quella platea il suo gusto, il suo stile di relazione così discreto ma anche competente.

Il mio bilancio

Il bilancio della mia lunga esperienza in Anteo è molto positivo: siamo riusciti a crescere tutti insieme e i momenti di conflitto, delusione o rabbia, fisiologici quando si lavora, sono sempre stati superati. C’è sempre stato qualcuno che mi ha accolta (o raccolta!) nella difficoltà e desidero esprimere la mia gratitudine più profonda, per questo. Mi sento in particolare di citare le mie responsabili Pamela Cinti, Emanuela Camaschella, Patrizia Martiner Bot e la nostra Vicepresidente Mariarosa Malavolta, ma anche i colleghi della Sede, con i quali sono entrata in contatto per tutte le pratiche amministrative gestite.

Per indole, non fatico a chiedere aiuto, quando ne sento il bisogno, e posso dire di aver sempre trovato un appoggio: dai colleghi, da volontari, ma anche dagli Utenti, che con straordinaria sensibilità sapevano cogliere il mio stato d’animo ed essermi vicini. Così, conservo nel cuore la fiducia e l’apertura verso l’altro che ho coltivato in me grazie a tantissimi incontri.