La pandemia ha peggiorato la condizione lavorativa delle donne?
Affiora inesorabilmente, nel dibattito politico e pubblico, il tema dell’occupazione femminile nelle aziende italiane, unitamente a quello della qualità della loro occupazione. Forse, nella tragicità del momento, la pandemia ha fatto emergere la fragilità dei presupposti su cui poggiano i principi e gli obiettivi delle tanto sbandierate “pari opportunità” che dovrebbero fare dell’Italia un Paese moderno. Sappiamo, infatti, che a seguito della pandemia la situazione delle lavoratrici si è fatta ancor più difficile, con una progressiva marginalizzazione all’interno del mercato del lavoro.
Conciliare il lavoro con il desiderio di maternità o con la presenza di figli, in particolare, oggi è molto complicato. Lo ricorda il Ministro del Lavoro Orlando in una sua nota, diffusa ieri, che pone l’attenzione sulla ricorrente violazione del codice di Pari Opportunità, in merito alla norma che prevede il tassativo divieto di fare domande, in sede di assunzione, sulla vita personale della lavoratrice. Domande tese regolarmente ad indagare la condizione di madre, attuale o potenziale, delle candidate, in funzione della decisione di assunzione o meno.
Un welfare di prossimità per superare il divario salariale
Una situazione novecentesca relega le donne italiane agli ultimi posti, in Europa, rispetto al tasso di occupazione, a causa della carenza di un welfare di prossimità. Sistema di protezione che pare l’unico reale aiuto teso a superare il divario salariale con gli uomini e permettere continuità occupazionale a lavoratrici che si trovano nella difficile situazione di dover scegliere tra lavoro, carriera e incombenze familiari o carichi di cura di figli o genitori anziani. Orlando sottolinea come al nord, in cui la presenza di servizi per l’infanzia e per le fasce fragili è più capillare, il tasso di occupazione femminile è di gran lunga superiore al centro e sud Italia.
Anteo, un’impresa al femminile
Questa situazione, se osservata dal punto di vista del Gruppo Anteo, pare assumere connotazioni “marziane”, assolutamente anomale. E non parliamo solo del tasso occupazionale complessivo, che internamente all’impresa sociale Anteo supera l’80% di donne impiegate, ma della qualità di tale occupazione.
Se volessimo rappresentare l’organigramma di Anteo distinguendo il colore delle caselle, soprattutto quelle indicano le posizioni apicali, in base al genere, l’immagine finale rappresenterebbe l’esatto contrario di quanto accade nel mondo produttivo italiano: i nostri servizi, in tutte le nostre aree di attività, sono diretti in stragrande maggioranza da donne. Ed anche tra le figure di staff, ai massimi livelli decisionali, amministrativi, gestionali, progettuali e strategici, emerge ben salda al comando una massiccia presenza femminile.
Anteo, insomma, incarna il desiderio del Ministro dell’Innovazione, Vittorio Colao, che indica nel 62% di occupazione femminile l’obiettivo strategico e prioritario per rilanciare il nostro Paese.
Un’occupazione di qualità all’interno di processi produttivi e catene di comando che è fondamentale raggiungere per i basilari principi di equità e di riconoscimento delle pari opportunità tra uomini e donne, nonché per valorizzare competenze ed esperienze di tante professioniste. Una battaglia che un tempo si sarebbe definita di civiltà e che oggi pare rappresentare un obiettivo solo per poche imprese.
Una tra le poche, sicuramente la nostra.
Redazione Ufficio Marketing & Comunicazione Anteo