EUTANASIA DEI DISABILI

Il termine “eutanasia” (che letteralmente significa “dolce morte”) in genere si riferisce alla scelta di procurare una morte senza dolore ai malati cronici o terminali destinati altrimenti a soffrire inutilmente. Nel contesto del periodo Nazista, però, la parola “eutanasia” venne usata come eufemismo per indicare il piano segreto per l’uccisione sistematica dei pazienti disabili ospitati negli istituti di cura sia della Germania sia dei paesi che le erano stati annessi. Questo programma (Programma T4 https://it.wikipedia.org/wiki/Aktion_T4) costituì la prima vera politica di sterminio di massa della Germania nazista. Gli ideatori del programma “eutanasia” – così come coloro che più tardi pianificarono il genocidio degli Ebrei – intendevano creare una società pura dal punto di vista razziale, da difendere poi con leggi specifiche sulla riproduzione umana; per far sì che tale visione divenisse realtà, essi utilizzarono metodi radicali con cui eliminare di tutti coloro giudicati inadatti a farne parte.

United States Holocaust Memorial Museum. “Il programma eutanasia”, Holocaust Encyclopedia
https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/euthanasia-program-abridged-article

EUTANASIA DEI DISABILI E SHOA

Anche se in pochi se lo ricordano, il programma eutanasia fu il banco di prova per il successivo sterminio di massa degli ebrei, una specie di macabra prova generale della Shoa. Gli ideatori della “Soluzione Finale” si ispirarono, per l’eliminazione degli Ebrei, proprio alle camere a gas e ai forni crematori realizzati nell’ambito del programma T4, mentre il personale che vi aveva partecipato e che aveva dimostrato di essere particolarmente affidabile, ebbe poi un ruolo centrale nei centri di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka.

In occasione del Giorno della Memoria e in ricordo delle vittime dell’eugenetica nazista pubblichiamo una breve nota di Carlo Saletti, che sul tema ha tradotto e curato, insieme a Ernesto De Cristofaro, Precursori dello sterminio. Binding e Hoche all’origine dell’«Eutanasia» dei malati di mente in Germania.

LO STATO ASSASSINO

Due sono le ricorrenze che si celebrano in questi giorni. Il 75° anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945, data che una legge dello Stato dal 2000 invita a ricordare con il Giorno della memoria; la seconda, gli ottant’anni trascorsi dall’inizio della prima campagna di uccisione di massa, avviata in Germania agli inizi del 1940. Campagna, si è scritto, nel senso militare che assume il termine, quando si intende indicare un’azione bellica preordinata, organizzata coordinata, supportata e prolungata nel tempo. Non una semplice battaglia, ma una guerra. Perché la soppressione deliberata di circa 200.000 “vite indegne di essere vissute”, come venivano definite nella Germania del Terzo Reich, ebbe tutte le caratteristiche di una guerra che lo stato tedesco mosse contro propri cittadini inermi: fu una guerra a civili avviata nel 1940 che affiancò, negli anni, la guerra simmetrica che le sue forze armate combattevano sui diversi fronti europei. L’operazione Eutanasia, come siamo abituati a chiamarla, fu voluta da Hitler e dalla sua cerchia più intima e affidata a burocrati, tecnocratici e medici convinti. Infierì contro i più indifesi: deboli di mente, disabili, disadattati… esseri umani verso cui quello stato assassino aveva perduto ogni interesse e che, per questo, andavano “disinfettati”. E così fu.