In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, Francesca Portosi, Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica presso il nostro centro di Servizio Autismo di Venaria Reale (TO) ci fornisce una piccola “guida” per capire e conoscere l’Autismo.

 

Se cambi il modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano.” (cit.)

Era il 2007 quando l’Assemblea Generale dell’ONU decise di istituire la “Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo”. Con quale obiettivo? Richiamare l’attenzione di tutti sui diritti delle persone nello Spettro dell’Autismo.

Ma facciamo un passo indietro nella storia degli ultimi decenni.

Erano gli anni Sessanta quando Bruno Bettelheim, psicoanalista, formulò la metafora della fortezza vuota, suggerendo che la causa dell’autismo era da ricercare nella cosiddetta “madre frigorifero”, fredda e insensibile ai bisogni del proprio figlio. Secondo Bettelheim le “madri frigorifero” generavano nei bambini l’idea che non avrebbero potuto influenzare il mondo circostante, costringendoli a ritirarsi in uno spazio estremamente protetto ma altrettanto isolato. Questa teoria non poggiava su alcun fondamento scientifico, ma per molto tempo ha guidato l’interpretazione la spiegazione di tutto ciò che veniva definito Autismo, creando così un pregiudizio che ha condizionato per molto tempo il sapere e il fare rispetto a questa realtà.

Da allora, tanti passi avanti sono fatti e tanti altri devono ancora essere fatti. Ma, come anticipato dalla premessa, è importante cambiare il modo di guardare le cose.

Proviamo allora a camminare insieme, passo dopo passo, affinché si possa davvero diventare consapevoli del “mondo AUT”.

Primo passo: di fronte a noi c’è una PERSONA. Bambino, adulto, anziano… in ogni caso, una persona. Innanzitutto, l’Autismo non è una caratteristica esclusiva del mondo dell’infanzia. Un bimbo che rientra nello Spettro dell’Autismo a 3 anni, a 30 anni sarà un adulto con il medesimo funzionamento: l’Autismo è definita una condizione lifespan, cioè che dura per tutta la vita.

Passo numero 2: l’Autismo non è una malattia bensì un “modo di funzionare”. Questo è forse uno degli aspetti fondamentali che ci permette di cambiare prospettiva, un punto di vista essenziale dal quale guardare le cose: non parliamo di una malattia bensì di una modalità che il cervello ha di vedere, osservare ed integrare le cose.

Passo numero 3: oggi si preferisce parlare non di Autismo, bensì di Spettro Autistico. Il concetto di “spettro” permette di cogliere il funzionamento in un modo interessante e utile. Immaginiamo un grande ombrello che protegge tante persone diverse, per età, sesso, colore degli occhi e dei capelli, per funzionamento… un unico spettro, tante facce.

Passo numero 4: parliamo di sensorialità. I nostri sensi, olfatto, udito, gusto, tatto e vista, ci permettono di ottenere le informazioni che provengono dal mondo circostante. Quello che percepiamo non è determinato esclusivamente dalle periferiche sensoriali, ma è il risultato di un importante lavoro di “filtraggio” e di integrazione che permette di dare un senso ai dati che immagazziniamo. La capacità di filtrare queste informazioni fa sì che il nostro cervello non venga travolto da troppi stimoli. Per il cervello autistico questa funzione non è così semplice e discriminare ciò che arriva richiede un grandissimo sforzo. Quando uno stimolo viene percepito in maniera amplificata da renderlo insopportabile si parla di ipersensorialità: in tale situazione, la persona è portata ad evitare lo stimolo; in caso di iposensibilità, invece, quello stesso stimolo non viene quasi percepito: la conseguenza sarà, quindi, una più frequente o intensa ricerca di quello stimolo.

Passo numero 5: parliamo di strategie ed interventi. La diagnosi dello Spettro dell’Autismo indica che quella persona presenterà un deficit della comunicazione sociale e dell’interazione sociale; sarà anche rilevabile la presenza di comportamenti ripetitivi e di interessi ristretti.

Dal punto di vista del linguaggio, potremmo quindi avere di fronte a noi una persona che non parla oppure che parla troppo, che mostra una mancata comprensione della gestualità e del linguaggio non verbale con difficoltà nel leggere in maniera corretta il comportamento sociale dell’altro. Spesso si riscontra un’interpretazione letterale del linguaggio, anche delle metafore. Una frase come “perdersi in un bicchier d’acqua”, se interpretata alla lettera, ci farà pensare ad un omino che si perde in un bicchiere pieno d’acqua!

Nella pratica, le difficoltà legate all’ambito del linguaggio e dell’interazione sociale si manifestano attraverso un comportamento che potrebbe risultare inappropriato, in una difficoltà nel leggere le emozioni dell’altro e in una scarsa conoscenza delle convenzioni sociali.

Dal punto di vista della sintomatologia legata alla presenza di comportamenti ripetitivi ed interessi ristretti, possiamo osservare la presenza di tic, movimenti delle mani, camminata sulle punte, oppure la presenza di interessi specifici, come quello per i treni o per i dinosauri nei bambini. Inoltre, spesso le persone con Autismo presentano rigidità di fronte al cambiamento e all’imprevisto.

La sintomatologia può essere presente in forma più o meno grave e indica, di conseguenza, il livello di gravità e il livello di funzionamento di ogni singola persona: ricordiamo, infatti, che si tratta di uno spettro… e tante facce.

Ad oggi, gli interventi considerati più utili si attuano sul versante comportamentale: attraverso l’insegnamento di strategie specifiche, si persegue l’obiettivo di migliorare la socialità dei bambini e lo sviluppo della loro autonomia nella vita quotidiana, specialmente agendo precocemente.

Passo numero 6: Autismo al femminile. Perché parlarne? Il disturbo dello Spettro  Autistico è uno dei disturbi del neurosviluppo tra i più diffusi e colpisce prevalentemente il sesso maschile con un rapporto M:F di 4:1 (Baio et al., 2018). Fra persone di genere femminile, soprattutto nel caso dell’Autismo ad alto funzionamento (che non presenta importanti difficoltà del linguaggio), il disturbo tende a manifestarsi in maniera differente poiché vi è una maggior capacità da parte del soggetto di imitare, quasi “clonare”, una bambina/ragazza che viene vista come particolarmente brillante. A livello comunicativo, appaiono logorroiche e a volte sono molto dirette. A livello sociale sono caratterizzate da ingenuità che le porta a non comprendere in maniera adeguata i messaggi provenienti dall’esterno; spesso sono persone percepite come fredde ed egocentriche.

Passo numero 7: diventare adulti. Ebbene sì, come detto inizialmente un bambino con Autismo diventerà un adulto con Autismo: un concetto apparentemente banale ma non scontato, che è bene non dimenticare. Proprio in questa prospettiva, l’obiettivo principale di ogni intervento dovrebbe essere quello di favorire il raggiungimento della massima autonomia possibile.

Siamo giunti così al termine di questo breve viaggio: pochi passi per provare a cambiare il nostro modo di vedere le cose. Sperando che questo sia stato solo l’inizio di una curiosità che ci porterà a ricercare, leggere, informarsi per conoscere e riconoscere.

Mi piace concludere sottolineando che l’Autismo non è correlato solo al concetto di deficit: le persone con Autismo possiedono punti di forza davvero notevoli, che è bene cogliere e sostenere. La precisione, la memoria, l’estrema sincerità, l’attenzione per i dettagli, la conoscenza approfondita di argomenti specifici e l’ottima memoria visiva son alcuni esempi.

L’autismo non è la fine del mondo. È l’inizio di un nuovo modo di vedere le cose”.