PICCOLA NOTA DI METODO

Anteo è l’insieme delle persone che ogni giorno lavorano per far funzionare al meglio i servizi rivolti a persone che vivono varie forme di fragilità. In questo spazio, incontriamo storie, esperienze di lavoro e quindi di vita, che alcuni Colleghi generosamente mettono in comune con tutti noi. Questi testi nascono da interviste condotte secondo una postura narrativa: in primo piano, il sentire dell’intervistato, scelte ed emozioni, episodi significativi, riflessioni dall’interno di un ruolo che è sempre ben più di un abito che avvolge un corpo. Non troverete un’alternanza fra domande e risposte: le domande sono semplici stimoli che si sciolgono nel racconto dell’intervistato, nella compiutezza che esso restituisce. Siamo dunque a leggere le tracce permanenti che ha lasciato ogni incontro di intervista, ogni intreccio di sguardi accaduto in uno spazio e in un tempo definiti.

#intervistandoanteo n°20 ” Sono più abituata a fare che a raccontarmi..ma condivido volentieri la mia esperienza! Rosalia Mastropasqua, Educatrice Professionale presso CRAP Iniziativa Vita

Una quotidianità attiva per stimolare e aggregare

Ho iniziato a lavorare sostituendo una collega, presso la Comunità Alloggio “Il Ciclamino”, un contesto in cui gli Ospiti possiedono generalmente discrete o buone autonomie.

In una Comunità Riabilitativa Assistenziale Psichiatrica, come suggerisce la stessa denominazione, le persone hanno esigenze importanti, anche legate all’igiene personale e all’alimentazione. L’età è spesso ricompresa fra i 20 e i 30 anni e quindi la progettualità dev’essere particolarmente dinamica, aperta come il futuro che possono costruire. Alcuni Ospiti più maturi, invece, provengono da ambienti ospedalizzati.

Ci sentiamo una specie di “grande famiglia”, tenuta insieme dall’aiuto e dalla solidarietà reciproca, in cui chi è più autonomo si mette a disposizione degli altri per esempio per rigovernare gli spazi comuni, per alcune pratiche di cura legate all’immagine, in particolare fra donne e ragazze. A volte occorre un orientamento da parte degli Operatori, altre è uno slancio spontaneo, istintivo.

Il nostro obiettivo è proporre attività che incontrino il gradimento di tutti, pur nella eterogeneità di esperienze e preferenze. Un laboratorio che piace sempre molto è quello di cucina: tutti vengono coinvolti, per feste di compleanno o celebrazioni stagionali; così, in autunno, l’impegno del gruppo ha prodotto caldarroste, carbonara di zucca con la salsiccia al forno, per accompagnare canti e balli. In queste occasioni, ognuno si sente protagonista perché ognuno dà il proprio contributo.

Di fronte e dentro la pandemia

Anche il “Progetto cinema” riscuote successo: durante la pandemia, è stato organizzato all’interno della struttura, un paio di volte al mese, con tanto di pop-corn e caramelle, come nelle sale. La scelta è caduta prevalentemente su commedie, a volte su film d’azione e polizieschi. È stato un modo per cercare di alleviare il peso della lontananza dalle famiglie, che ha generato molta sofferenza in quei mesi. Quell’improvvisa privazione della libertà è stata dolorosa anche perché ha interrotto piccole routine che per ciascuno di loro aveva significati ben precisi: il caffè al bar, la passeggiata nel quartiere. Ci è accaduto di contenere pianti e disperazione. Perché il caffè fatto arrivare in CRAP non aveva lo stesso gusto di quello consumato al bancone!

Ma sono stati molto in gamba: hanno reagito bene alla crisi, ciascuno con la propria strategia. F., per esempio, alla ricerca di una “valvola di sfogo” inventava canzoncine e filastrocche per esorcizzare la paura e “cacciare il virus”. “Avete visto?”, ci ha detto un giorno: “grazie alle mie canzoni, la pandemia sta passando!”. Da lei, una ragazza con un grave disturbo della personalità e un lieve ritardo cognitivo, percorsi in diverse comunità, anche vari tentativi di suicidio alle spalle, temevamo reazioni disastrose, e invece ci ha stupito. Ora sono 3 anni che non viene ricoverata in SPDC e non manifesta agiti autolesionisti. Per noi è una grande gioia, la vediamo crescere!

M. ha 50 anni, la sua famiglia è poco presente, quindi non ha sofferto per l’assenza di contatti, ma è molto abitudinario e rinunciare alle sue passeggiate, alle chiacchierate in città è stato pesante. Temevamo che accumulasse tensione, che potesse manifestare atteggiamenti aggressivi. Invece, dialogando molto con lui, tenendolo ben informato sugli eventi, aiutandolo a esprimere il suo vissuto emotivo, abbiamo visto che è riuscito a sviluppare una forma di accettazione, a razionalizzare.

Tutti erano molto informati, in autonomia, individualmente o in gruppo, si confrontavano sulle notizie, chiedevano approfondimenti, proponevano riflessioni… Si sono posti in modo molto attivo rispetto a quanto stava accadendo.

#connessionidicura

In quei mesi abbiamo anche aderito a un progetto Anteo che si è rivelato molto interessante. Si tratta del progetto “Connessioni di cura”, che ci ha visti “gemellati” con la residenza per anziani di Gaglianico, nel Biellese. Questa “connessione” è stata molto utile per gli Ospiti perché è servito a confrontarsi con una realtà diversa, sia per collocazione geografica sia per età anagrafica, e in questo confronto hanno scoperto che, nonostante le differenze, si ritrovavano spesso in vissuti ed emozioni simili. Ciò ha permesso loro di contestualizzare e diventare consapevoli di quanto stesse accadendo anche lontano dalla propria città e dalla propria comunità, di riconoscersi nel sentire comune, di offrire e ricevere supporto ed incoraggiamento, in un vero e proprio “circolo positivo”. Gli appuntamenti di incontro on line, attraverso i tablet forniti dalla cooperativa, si sono rivelati anche un modo di trascorrere piacevolmente del tempo “in compagnia”, perché durante le videochiamate ci si scambiavano racconti sulla settimana trascorsa, tradizioni del proprio territorio, dalle ricette alle usanze e i riti, si mostravano foto dei propri luoghi di vita… Un giorno, dopo aver ricevuto una minuziosa ricetta dagli amici biellese, abbiamo preparato la “panissa”, un risotto tipico di quelle zone; abbiamo poi inviato loro il video della realizzazione, ricevendo tantissimi complimenti per la perfetta esecuzione del piatto!

Abbiamo anche condiviso giochi cognitivi, come indovinelli e tombola virtuale, ed è stato piacevole scoprire come i nostri amici, nonostante la loro maggiore età, fossero dinamici e attenti… spesso più di noi!

La persona al centro

Non è facile trovare del tempo da dedicare individualmente a ciascuno degli Ospiti. Ma lo facciamo, con molta passione, perché tutti hanno bisogno di attenzione, anche i più autonomi. La chiedono, soprattutto la sera, prima di andare a dormire. Desiderano parlare, della loro storia ma anche del futuro: alcuni hanno uno slancio maggiore, altri sono più ancorati al passato o al presente; c’è chi fantastica e chi progetta con maggior realismo. Il desiderio di tutti è una vita autonoma: i più giovani, parlano del lavoro e delle relazioni che vorrebbero; la maggior parte è consapevole della propria diagnosi, dell’utilità della terapia; spesso riconoscono la crisi mentre sta arrivando e chiedono aiuto, per esempio come colloquio aggiuntivo. Alcuni accettano la permanenza in Comunità e i farmaci, ma non si riconoscono come malati e provano difficoltà a partecipare alle attività di gruppo. Alcuni non vogliono farsi fotografare insieme agli altri.

Tanti interessi, un’unica radice

Ho scelto questa professione per curiosità: mi interessano la mente umana e il comportamento delle persone. Trovandomi a contatto con chi vive una sofferenza mentale, desidero capire come funzionano certi meccanismi e sento la volontà di attivarmi, di fare qualcosa. Dopo la maturità, conseguita al Liceo Sociopsicopedagogico, ho scoperto il percorso da Educatore e ho cambiato idea, rispetto all’orientamento iniziale verso la facoltà di Psicologia. E sono molto felice della mia scelta: penso che questo lavoro sia più pratico, concreto… mi consente di “sporcarmi le mani”. E mi piace.

Da alcuni anni mi occupo anche di riabilitazione nel mondo dell’infanzia. Tutto è nato da un’esperienza di affiancamento a un bambino che aveva problemi a scuola: osservavo i colloqui del bambino con la psicologa. Così, mi sono appassionata, ho cominciato a studiare, sono diventata tecnico ABA e mi sono specializzata in disturbi dello spettro autistico, disturbi dell’apprendimento e ADHD. La radice comune è sempre la curiosità, insieme al desiderio di dare un contributo affinché persone in difficoltà, di diverse età e condizione, riescano a riprendere in mano la loro vita. Poi c’è anche il fatto che non sono mai contenta di me, sento di poter sempre fare di più, di meglio. Non c’è mai un punto di arrivo. Forse è un retaggio della danza classica che praticavo: la ricerca della perfezione. Questo mi porta a essere intraprendente ed entusiasta, solare. Credo possa essere una risorsa nella relazione con i nostri Ospiti.

Un apprendimento cruciale

La mia tesi di laurea, nel 2009, riguardava la valutazione del grado di soddisfazione dei pazienti di un ambulatorio di oncoematologia. Era una tesi sperimentale, quasi tutti i giorni mi recavo presso l’ambulatorio e somministravo un questionario ai pazienti che vi si trovavano. Alcuni di loro rispondevano con fare un po’ sbrigativo, ma altri erano molto aperti, disponibili al dialogo, nonostante fossero lì con l’ago nel braccio, per la loro chemioterapia. Mi stupiva e mi commuoveva anche pensare che erano lì a lottare, ma volevano comunque dedicarmi il loro tempo con impegno, con serietà. Ero timorosa, mi chiedevo che cosa avrei fatto al loro posto… Così, mi proponevo in punta di piedi… In occasione di quella esperienza e poi dopo, con il tirocinio e sul lavoro, ho imparato che nella difficoltà chiudersi non è l’approccio migliore: se ci si chiude, si ingigantiscono i problemi; mantenere uno spiraglio aperto consente di alleggerire le situazioni e i problemi. Ho ammirato e ammiro chi riesce a farlo.

“Cura”

Ogni giorno, prima del mio turno, mi ripeto la frase che ho scelto per concludere la mia tesi di laurea. È una frase di Rita Levi Montalcini: “Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita”. Questa visione mi accompagna sempre. Le piccole cose, la leggerezza che cerchiamo di trasmettere alle persone di cui ci prendiamo cura migliorano la qualità della loro vita. E, pezzettino su pezzettino, aiutano a raggiungere anche grandi obiettivi.

 

di Roberta Invernizzi